Tumore del seno: solo il 5% delle under 40 diventa madre dopo la malattia. Possibile sospendere le cure per avere un figlio, ma serve la rete di oncofertilità

Pubblicato il:
13.1.2023

Genova, 13 gennaio 2023 – Oggi, in Italia, solo il 5% delle pazienti under 40 colpite datumore del seno riesce a diventare madre dopo la malattia, ma grazie allaricerca questa percentuale può aumentare. Le giovani donne colpite da carcinomamammario in stadio iniziale infatti possono interrompere per due anni laterapia ormonale adiuvante (cioè successiva all’intervento chirurgico) percercare una gravidanza. Lo dimostra lo studio POSITIVE presentato al “SanAntonio Breast Cancer Symposium”, il più importante convegno internazionale suquesta neoplasia (che si è svolto lo scorso dicembre a San Antonio, StatiUniti). La ricerca ha coinvolto 518 donne di età pari o inferiore a 42 anni concarcinoma mammario in stadio iniziale positivo per i recettori ormonali. Inquesti casi, la terapia endocrina viene somministrata per ridurre il rischioche la malattia si ripresenti. Lo studio ha dimostrato che il tasso di recidivaa tre anni è stato dell’8,9%, simile a quello dello studio SOFT/TEXT (9,2%) cheaveva incluso donne in premenopausa sottoposte alla stessa terapia e utilizzatocome confronto. Il 74% delle donne ha avuto almeno una gravidanza, che èterminata con successo nel 64% dei casi. Purtroppo, in Italia, il desiderio didiventare madri dopo la malattia continua a essere sottovalutato. È necessarioimplementare i percorsi dedicati alla prevenzione dell’infertilità nellepazienti oncologiche in tutte le Regioni, attraverso strutturemultidisciplinari, che diano vita ad una Rete di centri di Oncofertilità.L’appello viene dal congresso “Back From San Antonio”, che si apre oggi aGenova e dedicato alle principali novità dal “San Antonio Breast CancerSymposium”. Il capoluogo ligure è capofila a livello mondiale nella ricerca edefinizione delle tecniche di preservazione della fertilità. 
“In circa il 70% dei casi il carcinoma della mammella presenta i recettoriormonali positivi e richiede per un periodo di 5 anni il trattamento adiuvantecon la terapia endocrina, che da un lato riduce il rischio di recidiva,dall’altro sopprime la funzione ovarica e, quindi, la possibilità di avere unfiglio – spiega Lucia Del Mastro, Professore Ordinario e Direttoredella Clinica di Oncologia Medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino,Università di Genova -. Le sperimentazioni condotte fino a oggi avevanodimostrato la sicurezza della gravidanza al termine delle cure anticancro. Perla prima volta, lo studio POSITIVE evidenzia che, dopo almeno un anno e mezzo,è possibile sospendere la terapia endocrina per due anni con l’obiettivo diavere un figlio, per poi riprendere il trattamento. Sono state osservateanomalie congenite nel 2% dei bambini, percentuale simile alla popolazionegenerale, e il 60% delle donne ha allattato”.
Nel 2022, in Italia, sono state stimate 55.700 nuove diagnosi di carcinomadella mammella, il 5% riguarda donne under 40. “In Liguria, nel 2022, sonostati diagnosticati 12.500 nuovi casi di tumore, di cui circa 1700 allamammella – afferma Angelo Gratarola, Assessore alla Sanità dellaRegione Liguria -. L’elevata incidenza di questa neoplasia ha spinto la nostraRegione, tra le prime in Italia, a formalizzare la costituzione di 5 BreastUnit, che garantiscono elevata qualità ed uniformità delle cure su tutto ilterritorio regionale. Vi sono un costante monitoraggio e coordinamento alivello regionale delle attività delle Breast Unit, a garanzia del mantenimentodella qualità del percorso diagnostico terapeutico delle donne che si ammalanodi questa neoplasia”.
“Oggi, nel nostro Paese, la bassa percentuale di giovani pazienti che riesconoad avere un figlio dopo il tumore del seno contrasta nettamente con il 50% didonne che, al momento della diagnosi, dichiara di desiderare una maternità –continua la Prof.ssa Del Mastro -. Quali i motivi? Sicuramente vi è il fattoche, prima dello studio POSITIVE, le donne con neoplasia endocrinoresponsivadovevano aspettare almeno 5 anni prima di provare ad avere una gravidanza,andando quindi incontro a un’età più matura. Questo studio dimostra che lasospensione della terapia ormonale è una procedura sicura e può incrementare lapercentuale di giovani donne che riescono ad avere un figlio prima di terminarele cure. Non solo. Nel nostro Paese vanno create collaborazioni strutturate frale oncologie e i centri di procreazione medicalmente assistita, per risponderetempestivamente alle richieste delle pazienti. L’aspetto fondamentale delletecniche di preservazione della fertilità è il tempismo: ad esempio lacrioconservazione degli ovociti deve avvenire prima dell’inizio dellachemioterapia. La creazione di una Rete consente di definire percorsi dedicatie riconosciuti, oggi presenti solo in alcuni ospedali”.
“Il ‘San Martino’ di Genova è un esempio virtuoso in Italia e a livellointernazionale – spiega Salvatore Giuffrida, Direttore Generale dell’IRCCS Ospedale PoliclinicoSan Martino di Genova -. Quasi vent’anni fa, siamo stati il primo ospedale inItalia a istituire questa collaborazione fra la struttura di oncologia e ilcentro di procreazione medicalmente assistita, creando l’unità funzionale dioncofertilità, e siamo stati uno dei primi centri, anche grazie al sostegnodella Regione Liguria, a implementare queste procedure di assistenza alle donneche vanno incontro alla diagnosi di cancro durante la gravidanza e a coloro chevogliono preservare la fertilità dopo il tumore”. A Genova il 10% delle giovanidonne riesce ad avere un figlio dopo il carcinoma della mammella, il doppiorispetto alla media nazionale. “Al ‘San Martino’ siamo in grado di fornire atutte le giovani pazienti un percorso privilegiato di accesso al counsellingriproduttivo, riducendo così il più possibile il ritardo nell’inizio deitrattamenti antitumorali – afferma Antonio Uccelli, Direttorescientifico dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova –.All’attività clinica si affianca quella di ricerca. Nel nostro centro, nel2022, abbiamo inserito in studi clinici circa 500 pazienti con tumore del senoin fase iniziale o metastatica. In particolare circa il 16% di tutti i nuovicasi diagnosticati in fase iniziale è inserito in studi di terapia adiuvante oneoadiuvante”. 
“Proprio a Genova è stata definita una delle tre principali tecniche dipreservazione della fertilità, cioè l’utilizzo di farmaci, analoghi LH-RH, perproteggere e mettere a riposo le ovaie durante la chemioterapia. In questomodo, si riduce in maniera significativa il rischio di danneggiare la funzioneriproduttiva e di sviluppare una menopausa precoce – sottolinea MatteoLambertini, Professore Associato Convenzionato di Oncologia Medicaall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova -. Le altretecniche sono costituite dalla crioconservazione, cioè dal congelamento, degliovociti o del tessuto ovarico”. Dall’1 gennaio 2023, il Prof. Lambertini èstato eletto Presidente della “Young Oncologists Committee” della SocietàEuropea di Oncologia Medica (ESMO, European Society for Medical Oncology).“L’ESMO è una delle società scientifiche in ambito medico più importanti con isuoi quasi 30.000 soci in tutto il mondo, di cui circa il 40% sono giovanioncologi d’età inferiore a 40 anni – continua il Prof. Lambertini -. Si trattadi una posizione molto prestigiosa, perché mi permetterà nei prossimi due annidi sedere nel consiglio direttivo di ESMO e di coordinare in prima persona leattività di ESMO volte a supportare dal punto di vista professionale ededucazionale i giovani oncologi di tutto il mondo”. “Questa nomina – spiegaSalvatore Giuffrida – rappresenta un motivo d’orgoglio per l’Università diGenova, l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e la Regione Liguria, inconsiderazione del prestigio e della visibilità internazionale che offrirà”.
Dal Congresso di San Antonio importanti novità anche sul fronte deitrattamenti. “Sono stati presentati i dati aggiornati dello studio ‘monarchE’ suabemaciclib, che appartiene alla classe degli inibitori di cicline, inadiuvante, in combinazione con la terapia endocrina standard per il trattamentodel carcinoma mammario in fase precoce ad alto rischio, positivo al recettoreormonale, negativo per la proteina HER2 e con linfonodi positivi – afferma SaverioCinieri, Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica)-. Dopo un periodo di osservazione mediano di 3,5 anni dalla fine deltrattamento, il rischio di sviluppare una recidiva invasiva di malattia si èridotto del 33,6%. L’aggiunta di abemaciclib in adiuvante ha anche ridotto del34,1% il rischio di sviluppare una malattia metastatica. Sono risultati moltoimportanti, perché riguardano pazienti con tumore a più alto rischio diricaduta dopo l’intervento”. “Sono significativi anche i passi avanti neltrattamento della malattia metastatica – continua il Prof. Cinieri -. A SanAntonio, sono stati presentati i risultati aggiornati dello studioDESTINY-Breast03, che hanno dimostrato che trastuzumab deruxtecan, anticorpomonoclonale farmaco-coniugato, porta a un miglioramento significativo dellasopravvivenza globale rispetto a T-DM1, un altro anticorpo coniugato anti HER2e precedente standard di cura, in pazienti con carcinoma mammario HER2-positivometastatico, precedentemente trattate. Trastuzumab deruxtecan ha ridotto del36% il rischio di morte rispetto a T-DM1. Non solo. La sopravvivenza libera daprogressione è quadruplicata rispetto alla terapia di riferimento, arrivando a28,8 mesi. Un vantaggio di entità mai osservata prima nel carcinoma mammario”.“Sono emersi risultati favorevoli anche con l’impiego di una nuova classe difarmaci, i cosiddetti SERD (degradatori selettivi del recettore degliestrogeni) orali: camizestrant ed elacestrant – evidenzia il Prof. Cinieri -.Si tratta di farmaci utili per le donne con carcinoma mammario ormono-sensibilein fase metastatica. Sempre per questo sottogruppo di pazienti si confermal’efficacia degli inibitori di PI3K, come capivasertib, in aggiunta allaendocrinoterapia standard”.
Durante il congresso “Back From San Antonio”, che vede oltre 250 partecipantiin questa edizione, sono assegnati tradizionalmente due premi a giovanioncologi under 40, prime firme di lavori scientifici pubblicati nel 2022.Quest’anno, uno dei riconoscimenti è andato a Marco Tagliamento,dell’Università di Genova (attualmente all’Istituto Gustave Roussy di Parigi),per il lavoro in corso di pubblicazione sul “Journal of Clinical Oncology” incui ha valutato l’impatto del COVID e della vaccinazione anti-COVID in pazientiin trattamento per carcinoma mammario, l’altro a Gaia Griguolo, dell’Universitàdi Padova, per il lavoro pubblicato su “Neuro-Oncology” sulle metastasicerebrali da carcinoma mammario. “È molto importante valorizzare il contributoattivo dei giovani alla ricerca oncologica – conclude la Prof.ssa Del Mastro -.Attraverso il loro impegno diretto ed in prima persona, è possibile aprire eportare avanti nuove linee di ricerca con potenziali importanti ricadute nellapratica clinica”.

 

 

 

 

 

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