Colangiocarcinoma: il 25% delle diagnosi è “casuale”. Per il tumore delle vie biliari serve il registro dei centri di riferimento

Pubblicato il:
28.9.2022

Milano,28 settembre 2022– Il 25% dei casi di colangiocarcinoma intraepatico è scoperto “per caso”, cioèin maniera accidentale in seguito a esami eseguiti per altri motivi. Ledifficoltà legate alla mancanza di sintomi specifici conducono troppo spesso adiagnosi in fase avanzata (oltre il 70%). Soltanto il 25% dei pazienti infatti ècandidato alla chirurgia con intento curativo. Per le persone che presentano lamalattia localmenteavanzata o metastatica con la specifica alterazione di un gene (FGFR2) e giàtrattate con la chemioterapia è disponibile da pochi mesi in Italia una nuovaterapia mirata, pemigatinib, che consente di ridurre le dimensioni del tumore,migliorando la sopravvivenza. I passi in avanti della ricerca devono peròessere accompagnati da un cambiamento culturale nell’approccio alla malattia. Vannosensibilizzati i medici non specialisti, perché sappiano riconoscere i primisegni della neoplasia, e va istituito un registro dei centri di riferimento,che possono garantire un approccio multidisciplinare con team dedicati. Inoltretutti i pazienti devono essere sottoposti alla profilazione genomica, perindividuare eventuali alterazioni molecolari per la scelta della miglioreterapia. Le richieste vengono dai clinici oggi in una conferenza stampavirtuale, realizzata con il supporto non condizionato di Incyte.

“Ilcolangiocarcinoma è un tipo di tumore primitivo del fegato che ha origine daicolangiociti, le cellule che rivestono i dotti biliari, cioè i canali chetrasportano la bile dal fegato all’intestino – afferma Lorenza Rimassa,Professore Associato di Oncologia Medica presso Humanitas University, IRCCS HumanitasResearch Hospital di Rozzano (Milano) -. Il colangiocarcinoma è una patologiarara ma in costante crescita, ogni anno in Italia si stimano circa 5400 nuovicasi. Si distingue in base alla sede d’insorgenza in intraepatico, se sisviluppa all’interno del fegato, ed extraepatico, se nasce dalle vie biliariextraepatiche. Le forme intraepatiche si manifestano nei pazienti affetti damalattie delle vie biliari, come colangite sclerosante primitiva e calcolibiliari. Nei Paesi occidentali sono in aumento proprio queste forme, su cuiincidono anche gli stili di vita scorretti. Tra i fattori di rischio, infatti,vi sono la sindrome metabolica, l’obesità, la steatosi e cirrosi epatica,l’epatopatia cronica, l’abuso di alcol e il fumo di sigaretta. Ma, nellamaggior parte dei casi, è difficile identificare una specifica causa”.

Ladiagnosi è più semplice nelle forme extraepatiche, spesso caratterizzate daittero (colorito giallo della cute e delle sclere, dovuto all’accumulo di bilirubinanel sangue) con urine scure, feci biancastre e prurito (per l’aumento deilivelli di sali biliari nel sangue). Il colangiocarcinoma intraepatico disolito è asintomatico per lungo tempo e i sintomi iniziali, ad esempio doloreaddominale, perdita di peso, nausea, malessere, non sono specifici. “Eccoperché circa un quarto dei casi di carcinoma intraepatico è scoperto in modoaccidentale, ad esempio a seguito di un’ecografia addominale eseguita per altrimotivi – sottolinea la Prof.ssa Rimassa -. Possono trascorrere sei mesi dallacomparsa dei primi sintomi alla diagnosi certa. Da qui la necessità di uncambiamento culturale con campagne di sensibilizzazione che coinvolgano tutti imedici non specialisti, a partire dai medici di famiglia, per migliorare il lorolivello di conoscenza di una neoplasia rara ma molto aggressiva. Solo cosìpotremo migliorare i tempi per arrivare alla diagnosi”.  

Lasopravvivenza a 5 anni è pari al 17% negli uomini e al 15% nelle donne, ma sela malattia è riscontrata in uno stadio precoce arriva fino al 50%.

“Lachirurgia, se effettuata sulla malattia in stadio iniziale, può avere esitorisolutivo - spiega Alfredo Guglielmi, Professore Ordinario di ChirurgiaGenerale ed Epatobiliare all’Università di Verona -. Purtroppo solo il 25% deipazienti è candidato all’intervento, che è particolarmente difficile perchérichiede l’utilizzo di tecniche avanzate, chirurghi con una formazionespecifica, team multidisciplinari e centri di alta specializzazione. Conl’affinamento delle tecniche chirurgiche, questi interventi sono diventatisempre più sicuri e possono garantire buoni risultati a lungo termine. Siprocede con la resezione epatica per il colangiocarcinoma che cresceall’interno del fegato e con la resezione del pancreas per il tumore che sisviluppa al di fuori dal fegato o dentro la testa del pancreas. Il trattamentochirurgico mira alla rimozione completa della neoplasia. In molti casi, dopol’intervento è indicata una chemioterapia precauzionale”.

Nei pazienti che nonpossono essere operati o nei quali la malattia si è ripresentata, oggi iltrattamento di prima scelta è rappresentato dalla chemioterapia, a breveassociata all’immunoterapia, che non è risolutiva ma contribuisce a controllarel’evoluzione del tumore, anche se nella maggior parte dei pazienti la malattiasi ripresenta. “Circa la metà dei colangiocarcinomiintraepatici presenta una o più mutazioni geniche, alcune trattabili confarmaci a bersaglio molecolare – afferma Giancarlo Pruneri, Ordinario diAnatomia Patologica all’Università degli Studi di Milano e Direttore delDipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio della Fondazione IRCCSIstituto Nazionale Tumori di Milano -. L’analisi anatomo-patologica e lastadiazione del tumore devono sempre accompagnarsi alla ricerca di mutazioni,da eseguire tramite le nuove tecniche di sequenziamento genico. In particolare,il test NGS (Next Generation Sequencing) fornisce la visione più completa di un ampionumero di geni: è in grado di analizzare oltre 300 mutazionigeniche epuò individuare le alterazioni molecolari da minime quantità di tessuto.L’utilizzo di pannelli di grandi dimensioni,rispetto al modello ‘single gene’, migliora la capacità di catturare lealterazioni molecolari utili per consentire l’accesso a terapie mirate”.

La fusione o ilriarrangiamento del recettore 2 del fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR2)è presente in circa il 10% dei colangiocarcinomi intraepatici. Lo scorso giugnoAIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha approvato la rimborsabilità di una nuovaterapia mirata, pemigatinib, per il trattamento della malattia localmenteavanzata o metastatica con fusioni o riarrangiamenti del gene FGFR2 che hannomanifestato progressione del tumore dopo almeno una linea precedente di terapiasistemica. Si tratta di una vera e propria rivoluzione del trattamento in secondalinea, finora privo di una terapia personalizzata. Pemigatinib ha dimostrato dioffrire un importante beneficio in termini di risposte obiettive, cioè diriduzione delle dimensioni del tumore, nel 37% dei pazienti. Inoltre haevidenziato una sopravvivenza mediana di quasi un anno e mezzo (17,5 mesi). “Unrisultato molto importante, perché siamo di fronte a pazienti pretrattati –continua la Prof.ssa Rimassa -. Per comprendere la portata del dato, bastapensare che nella prima linea di trattamento con la chemioterapia lasopravvivenza mediana è di circa un anno. Valutazione in un centro diriferimento, discussione del percorso di cura da parte di un teammultidisciplinare e profilazione molecolare per laricerca delle mutazioni sono i tre passaggi fondamentali per garantire lamigliore assistenza ai pazienti con colangiocarcinoma. Èimportante che venga istituito quanto prima un registro dei centri diriferimento che trattano ogni anno un alto volume di casi, seguendo l’esempiodelle Breast Unit per il carcinoma della mammella”. Propriol’approccio multidisciplinare e la profilazione genomica sono stati al centrodel convegno nazionale “FIrST-in Colangiocarcinoma”,che si è svolto recentemente a Napoli (i materiali del convegno sonodisponibili sul sito www. colangiocarcinoma.net).

“Ilnostro continuo impegno nella ricerca e sviluppo di nuovi farmaci è indirizzatoad aree terapeutiche dove vi sono elevati bisogni medici insoddisfatti –conclude Onofrio Mastandrea, Associate Vice President, General Manager,Incyte Biosciences Italia -. Pemigatinib rappresenta la prima terapia target approvata nel colangiocarcinomae la vera grande novità dopo oltre un decennio nel trattamento di questapatologia. I prossimi sviluppi della molecola sono sicuramente nella primalinea, attraverso uno studio di fase tre in confronto con la chemioterapia.Siamo al fianco dei clinici e delle società scientifiche per migliorare la curadel colangiocarcinoma, anche promuovendo il lavoro dei team multidisciplinari”.

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