Soltanto il 47%dei farmaci approvati in Europa tra il 2011 e il 2020 e il 41% di quelliintrodotti negli Stati Uniti rappresentano un miglioramento sostanziale dalpunto di vista terapeutico rispetto ai trattamenti esistenti. È questo il datosaliente di uno studio condotto da diversi istituti statunitensi e svizzeripubblicato sul British Medical Journal.
Quellosull'innovatività dei nuovi farmaci è un dibattito aperto da tempo. "Unacaratteristica importante dell'approvazione dei farmaci negli Stati Uniti e inEuropa è che né la Food and Drug Administration (Fda) statunitense né l'Agenziaeuropea per i medicinali (Ema) richiedono dati sull'ampiezza dell'efficacia diun farmaco rispetto ad altri trattamenti per la stessa condizione",spiegano i ricercatori. Per questo, molti Paesi si sono dotati diorganizzazioni deputate a compiere valutazioni di questo tipo per "fornireuna guida ai medici e ai pazienti sulla selezione del trattamento e servirecome base per le trattative sui prezzi", aggiungono. Il gruppo di ricercasi è basato sulle valutazioni delle autorità francesi e tedesche per analizzarecirca 100 molecole introdotte negli ultimi dieci anni (124 in Usa e 88 inEuropa). Di queste, solo il 41% delle prime approvazioni americane e il 47% diquelle europee ha rappresentato un avanzamento significativo. Il progressoterapeutico è ancora inferiore se si considerano le estensioni di utilizzo diquesti farmaci a patologie aggiuntive oltre a quella iniziale, una praticafrequente soprattutto per gli antitumorali. In tal caso soltanto il 34% delleindicazioni aggiuntive in Usa e il 36% in Europa hanno un alto valoreterapeutico. "Quando le indicazioni non offrono benefici terapeuticiaggiuntivi rispetto ad altri trattamenti disponibili, queste informazionidovrebbero essere chiaramente comunicate ai pazienti e riflettersi nel prezzodei farmaci", scrivono i ricercatori.