Tumore del seno: diagnosi più precise con l’intelligenza artificiale. -7% di morti in 6 anni, ma tutte le donne siano curate nelle Breast Unit

Pubblicato il:
22.4.2022

Roma,22 aprile 2022– Diagnosi di tumore della mammella più precise, decisioni ‘su misura’ sultrattamento di precisione assunte utilizzando fino a 20mila variabili nellapratica clinica, definizione esatta dei tempi di accesso alle cure emonitoraggio accurato della qualità di vita. Tutti obiettivi non raggiungibilida parte degli operatori sanitari con gli strumenti tradizionali. Le numerose applicazionidell’Intelligenza Artificiale nella diagnosi e terapia della neoplasia del senosono già realtà nei principali centri di riferimento del nostro Paese. Nell’identificazione dei carcinomi mammari, studicondotti negli Stati Uniti hanno evidenziato che, grazie agli algoritmi di deeplearning su cui si basa l’Intelligenza Artificiale, è possibile ottenereuna riduzione assoluta del 5,7% dei falsi positivi e del 9,4% di quellinegativi. Non solo. Nel confronto con l’operato di 6 radiologi, è statodimostrato un aumento dell’11,5% della sensibilità. I risparmi per il sistema sanitariosono notevoli, perché vengono evitate biopsie nelle persone con tumori che sirivelano benigni. Alle nuove strategie nella cura del cancro della mammella èdedicata la settima edizione dell’InternationalMeeting on New Drugs and New Insights in Breast Cancer, in corso a Roma al PoliclinicoUniversitario Agostino Gemelli IRCCS, con la partecipazione di circa 200esperti da tutto il mondo.

“Oggi,in Italia, vivono più di 834mila donne dopo la diagnosi di tumore del seno, conuna sopravvivenza a 5 anni che raggiunge l’88% - spiega Francesco Cognetti,Presidente di FOCE (Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi) e diFondazione Insieme Contro il Cancro -. Dal 2015 al 2021, è stata stimata unariduzione dei decessi pari quasi al 7% (-6,8%) per la neoplasia più frequentenel nostro Paese (54.976 casi nel 2020). Un risultato molto importante,ottenuto grazie ai programmi di screening, che consentono di individuare lamalattia in fase iniziale, e a terapie sempre più efficaci. Siamo giunti allasettima edizione di questo congresso, in cui intervengono clinici e ricercatoridi fama internazionale. Grazie all’innovazione possiamo ulteriormentemigliorare i risultati già raggiunti. Passi in avanti sono in corso nelle formetumorali più difficili da trattare come quelle triplo negative, che rappresentano circa il 15%di tutti i tumori della mammella. In questi casi, fino a oggi, la chemioterapiaè stata l’unica arma utilizzabile. L’immunoterapia, in associazione allachemioterapia, cambia il panorama terapeutico in questa popolazione di pazienti, anche nellamalattia locale o localmente avanzata”. “Anche negli istotipi che giàdispongono di numerose opzioni terapeutiche, come quelli con iperespressionedella proteina HER2, oggi assistiamo allo sviluppo di ulteriori armisoprattutto nelle forme più avanzate e in presenza di metastasi cerebrali –spiega il prof. Cognetti -. È possibile prolungare la sopravvivenza anche inqueste pazienti più difficili da trattare. Ci sono poi le prospettive diutilizzo di una nuova classe di terapie a bersaglio molecolare, gli inibitori diCDK4/6, dopo la chirurgia, con migliori risultati rispetto all’ormonoterapia dasola. Nelle fasi più avanzate di malattia, nelle pazienti già trattate conl’associazione di ormonoterapia tradizionale con anti-cicline, possono essereutilizzati i nuovi SERD, cioè farmaci selettivi sui recettori per gliestrogeni, con ulteriori possibilità di riposta e controllo della malattia. Ela chirurgia è sempre meno aggressiva anche in pazienti con metastasilinfonodali. Nella diagnosi e trattamento, l’Intelligenza Artificiale staaprendo un nuovo mondo, ma servono Linee Guida e una struttura di governance alivello istituzionale per rendere operativi in tutto il territorio questisistemi, che oggi sono una realtà in centri di riferimento come il ‘Gemelli’.L’Intelligenza Artificiale è lo strumento con cui possiamo studiare un’enormemassa di dati e trasferirla nella pratica clinica a beneficio dei pazienti”.

“Attraverso la radiomica, leimmagini ottenute da esami radiologici, come TAC, Risonanza Magnetica o PET,vengono convertite in una grandissima mole di dati numerici – afferma Luca Boldrini, oncologo radioterapista edirettore della facility di ricerca di Radiomica della Fondazione PoliclinicoUniversitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma -. La loro analisi richiedel’utilizzo di tecniche molto avanzate, rappresentate dalle metodiche di machinelearning, che vengono utilizzate anche nella gestione dei big data. Siamo difronte ad un grande patrimonio di dati numerici, che non riuscirebbe a essereelaborato e valorizzato opportunamente con la semplice osservazione visiva daparte dell’essere umano. Si pensi ad esempio che alcuni studi di intelligenzaartificiale, applicata alla lettura delle mammografie, hanno dimostrato unaumento della sensibilità media di circa il 10% nella diagnosi di tumorimammari. Un risultato molto significativo”. “L’intelligenza artificiale puòanche rappresentare uno strumento al servizio dell’oncologia di precisione –continua Luca Boldrini -. Le neoplasie della mammella sono caratterizzate daspecifiche alterazioni molecolari, bersaglio di terapie mirate, che rappresentanola base del meccanismo decisionale delle terapie. È possibile unire questeinformazioni alle migliaia di altri dati clinici disponibili (come età, stadiodi malattia o valori ematologici) ed inserirle negli algoritmi su cui si basanoi modelli d’Intelligenza Artificiale per individuare, ad esempio, nuovibiomarcatori oppure realizzare comparazioni tra specifiche variabili e lasopravvivenza delle pazienti, lo stadio di malattia o la risposta alle terapie,creando veri e propri modelli predittivi. L’Intelligenza Artificiale può essere utile anche perdefinire i tempi di accesso alle cure oncologiche. I nostri ricercatori hannosviluppato un modello che indica, ad esempio, quanto tempo attende una pazienteprima di iniziare la radioterapia dopo l’intervento chirurgico, anche inrelazione alla disponibilità della cura presso il luogo di residenza”.

Neltrattamento della patologia avanzata i progressi sono notevoli. “Nel nostroPaese vivono più di 37mila persone con carcinoma mammario metastatico, unacifra in costante aumento grazie ai nuovi trattamenti – spiega Giovanni Scambia, Direttore scientifico Fondazione PoliclinicoUniversitario Agostino Gemelli IRCCS -. Il 30% di queste pazienti infattiè vivo a 5 anni dalla diagnosi. Nella malattia metastatica diffusa riusciamo aottenere remissioni prolungate, per cui per molte donne si può parlare dicronicizzazione con una buona qualità di vita. Non è raro trovare pazienti viveanche a oltre 10 anni dalla diagnosi. Questi risultati possono essere migliorati,superando gli ostacoli ancora presenti nell’assistenza. È fondamentale che lavalutazione della neoplasia metastatica avvenga da parte di gruppimultidisciplinari. Tutte le pazienti devono essere trattate nelle Breast Unit,cioè in Centri di Senologia, dove è più alta l’adesione alle linee guida,migliore l’esperienza degli specialisti ed è garantita l’adozione di unapproccio multidisciplinare. A livello europeo, è stabilito che possanodefinirsi Breast Unit solo le strutture che trattano almeno 150 nuovi casi ognianno. È dimostrato che, in questi centri, la sopravvivenza è migliore”.  

“Sonodiversi i sottotipi di carcinoma mammario, definiti in relazione allealterazioni molecolari – sottolinea Giampaolo Tortora, Ordinario diOncologia medica all’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore delComprehensive Cancer Center e della UOC di Oncologia medica della FondazionePoliclinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS -. Questo ci consente di scegliere in manieraaltamente selettiva il trattamento in relazione alle caratteristiche di ognisottogruppo. In alcuni tipi di tumore della mammella, pari a circa il 20% deltotale, una proteina, HER2, è presente in quantità eccessiva, causando così unacrescita rapida e incontrollata delle cellule malate. Dal punto di vistabiologico, è una delle forme più aggressive e, in passato, non essendoci armidisponibili, queste pazienti presentavano la prognosi peggiore. Oggi invece,grazie a terapie mirate che bloccano il recettore HER2, utilizzate sia nelleforme iniziali non metastatiche che in quelle metastatiche, è cambiatoradicalmente il decorso clinico”.

Laterapia adiuvante, cioè successiva alla chirurgia, può essere considerata unodei maggiori successi in oncologia negli ultimi trent’anni. “Nelle pazienti conmalattia in stadio iniziale e iperespressione di HER2 – continua il prof.Tortora -, il trattamento sistemico adiuvante con la chemioterapia, la terapiaormonale e un anno di terapia biologica con un anticorpo anti-HER2 rappresentaoggi lo standard di cura ed è in grado di ridurre il rischio di recidiva e dimorte. Una percentuale di pazienti compresa fra il 15 e il 20% continua arecidivare con un picco di incidenza a 18-24 mesi dall’intervento chirurgico,anche se alcune pazienti presentano recidive tardive anche a 10 anni difollow-up. Nuove possibilità sono oggi disponibili perché studi recenti hannodimostrato che farmaci innovativi, aggiunti alle terapie standard a quel 15-20%delle pazienti non ancora guarite, sono in grado di ridurre ulteriormente lerecidive a distanza a 5 anni”.

Infase neoadiuvante, cioè prima della chirurgia, nelle forme HER2 positive sonoinoltre disponibili associazioni di diversi farmaci anti-HER2 e ormonoterapia,evitando così il ricorso alla chemioterapia e ottenendo gli stessi risultati intermini di efficacia. “Altri passi avanti sono stati realizzati nella malattia metastaticache esprime i recettori ormonali e HER2 negativa, in pazienti in postmenopausa- spiega Alessandra Fabi, Responsabile della Medicina di Precisione Neoplasia della Mammella alPoliclinico Universitario A. Gemelli IRCCS -. È dimostrato che la combinazione degli inibitoridi CDK4/6con la terapia ormonale è migliore rispetto alla sola terapia ormonalestandard. Grazie a questo regime metà delle pazienti è vivo a 5 anni. È lapiù lunga sopravvivenza finora raggiunta nel carcinoma della mammella avanzatoe ciò ci consente di parlare di vera e propria cronicizzazione della malattia,ritardando il ricorso alla chemioterapia”. “Si stima che circa il 40% delle donne sane che provengono dauna chemioterapia, dopo le cure per il tumore della mammella, continui apercepire la fatigue, una sensazione soggettiva di profonda stanchezza,indipendente dallo sforzo fisico –continua Alessandra Fabi -. E, proprio perché coinvolge l’aspetto fisico,psichico ed emotivo, impatta inevitabilmente, in circa una donna su tre, sullaqualità della vita. I clinici devono porre più attenzione a questi problemi”.La prevenzione resta la prima arma per sconfiggere la malattia.

“Gliscreening mammografici e la maggiore sensibilizzazione delle donne all’adesionea questi programmi di prevenzione secondaria hanno portato, negli ultimi anni,a un consistente incremento di diagnosi di carcinomi in stadio precoce – affermaRiccardo Masetti, Direttore Chirurgia Senologica Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCSe Presidente Susan G. Komen Italia -. Vanno recuperatiquanto prima i ritardi accumulati durante la pandemia, pari a quasi 5 mesi. Gli esami effettuati tra gennaio2020 e maggio 2021 si sono ridotti, rispetto al 2019, del 28,5% per mammella. Esono oltre 3558 le diagnosi mancate. Se scoperta in fase precoce, questaneoplasia presenta altissime percentuali di guarigione. La chirurgiaconservativa ha progressivamente sostituito la mastectomia nel trattamentodelle neoplasie in stadio iniziale, perché, associata alla radioterapia, è ingrado di garantire alle pazienti le stesse percentuali di sopravvivenza globalee libera da malattia e migliori risultati estetici, oltre all’indubbiovantaggio psicologico collegato alla conservazione della mammella, che sitraduce in una migliore qualità di vita”.

“è importantestimolare interazioni tra gli scienziati provenienti da diversi Paesi e fornireloro i mezzi necessari per svolgere attività di ricerca –conclude Ahmad Awada,Direttoredel Dipartimento di Oncologia Medica alJules Bordet Cancer Institute di Bruxelles (Belgio) -. Oggi abbiamo a disposizione moltearmi per combattere questo big killer: prevenzione, diagnosi precoce, chirurgiaconservativa, chemioterapie combinate, terapie ormonali e farmaci biologici chepermettono di assicurare la guarigione alla maggioranza delle donne colpite. Irisultati presentati al convegno confermano come la strategia vincente siaquella di tarare la terapia sulle caratteristiche specifiche delle pazienti”.

 

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