Roma, 22 dicembre2022 – Leterapie cellulari con CAR T e gli immunomodulanti cambiano le prospettive dicura di alcuni dei tumori del sangue più frequenti, come il mieloma multiplo ei linfomi. Nel mieloma multiplo, una nuova CAR T, ide-cel, ha evidenziato untasso di risposta completa, cioè la scomparsa laboratoristica di tutti i segnidi malattia, nel 45,9% dei pazienti che hanno sviluppato recidiva precoce(entro i 18 mesi dalla diagnosi) dopo il trapianto autologo di cellulestaminali in prima linea e nel 74,2% dei pazienti che hanno risposto in modoinsufficiente al trapianto. Nel linfoma a grandi cellule B, liso-cel, nuovaterapia cellulare, ha dimostrato una risposta completa del 74% in seconda lineanella malattia recidivata o refrattaria. Il nuovo immunomodulante oraleiberdomide ha permesso di raggiungere risposte globali del 36,8% in pazienticon mieloma multiplo pesantemente pretrattati e sta aprendo prospettiveimportanti anche nel linfoma non-Hodgkin, con un miglior controllo dellamalattia. Nelle sindromi mielodisplastiche, luspatercept, farmaco con un nuovomeccanismo d’azione efficace contro l’anemia, ha evidenziato un miglioramentodella sopravvivenza globale nei pazienti rispondenti. I progressi nella curadei tumori del sangue sono stati al centro del Congresso della SocietàAmericana di Ematologia (American Society of Hematology, ASH), che si è svoltorecentemente, e sono approfonditi oggi in una conferenza stampa virtualepromossa da Bristol Myers Squibb.
Ogni anno, in Italia,5.800 persone sono colpite da mieloma multiplo, tumore del sangue che haorigine nel midollo osseo. Più del 90% dei pazienti colpiti da mieloma multiplova incontro a recidiva. Nell’ultimo ventennio, però, grazie alla ricerca, lasopravvivenza mediana è passata da circa 36 mesi a 7 anni. “La frontiera piùavanzata e innovativa dell’immunoterapia è rappresentata dalla terapia concellule CAR T, basata sui linfociti del paziente modificati geneticamente –afferma Michele Cavo, Direttore dell’Istituto di Ematologia ‘L. A.Seràgnoli’, IRCCS S. Orsola-Malpighi, Università degli Studi di Bologna eProfessore Ordinario di Ematologia presso la stessa Università -. Ide-cel è unaterapia cellulare di seconda generazione diretta contro l’antigene BCMA (B CellMaturation Antigen), espresso sulla superficie delle plasmacellule. Graziea questo approccio, sono stati evidenziati risultati significativi nello studiomulticentrico di fase II KarMMa-2 in pazienti con mieloma multiplo e precoceprogressione della malattia, vale a dire entro 18 mesi dal trattamento inizialecomprensivo del trapianto autologo di cellule staminali. La terapia cellulareha dimostrato risposte complete e durature in una percentuale significativa dipazienti, oltre a una buona tollerabilità”. Lo scenario dell’immunoterapia ingrado di reindirizzare i T linfociti del paziente verso le cellule tumorali sista ulteriormente arricchendo grazie allo sviluppo degli anticorpi bispecifici,tra i quali alnuctamab che, nella formulazione sottocutanea, ha evidenziato unabuona tollerabilità e un tasso di risposta globale del 53%. Infine,l’innovazione terapeutica negli ultimi 20 anni ha visto l’introduzione difarmaci con azione diretta verso le plasmacellule ed il “microambiente midollare”,primi tra tutti gli immunomodulanti. “In particolare, mezigdomide e iberdomidesono due potenti modulatori di Cereblon che superano i classici meccanismi diresistenza ai farmaci e consentono di offrire ulteriori concrete speranze dicronicizzazione della malattia – continua il Prof. Cavo -. Gli studi hannodimostrato l’efficacia di mezigdomide, in combinazione con desametasone, inpazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario già sottoposti a tre opiù linee di terapia, incluse immunoterapie cellulari adottive e non anti-BCMA.Il tasso di risposta globale è stato del 40% e ha raggiunto il 50% nei pazientiche hanno ricevuto terapie target anti-BCMA. Anche iberbomide ha dimostrato, incombinazione con desametasone, risultati significativi in pazienti pesantementepretrattati, con una risposta globale del 36,8%”.
Anche neilinfomi, che ogni anno colpiscono oltre 16mila persone in Italia, le terapiecellulari e gli immunomodulanti stanno cambiando le prospettive di cura.“Nonostante i recenti progressi terapeutici, sono necessarie nuove opzioni cheoffrano benefici a lungo termine per i pazienti con linfoma a grandi cellule B– spiega Pier Luigi Zinzani, Professore Ordinariodell’Istituto di Ematologia ‘L. A. Seràgnoli’, IRCCS S. Orsola-Malpighi,Università degli Studi di Bologna -. La malattia non mostra sintomi all’esordioin circa il 40% dei pazienti e i segni più frequenti sono forti sudorazioninotturne, febbre, prurito diffuso e perdita di peso involontaria negli ultimi4-5 mesi. Nello studio TRANSFORM la terapia cellulare con liso-cel, a un followup di 17,5 mesi, ha evidenziato miglioramenti clinicamente rilevanti con unvantaggio nella sopravvivenza libera da eventi, nelle risposte complete e nellasopravvivenza libera da progressione rispetto allo standard di cura, cioè allaimmunochemioterapia seguita dal trapianto autologo di cellule staminali, neltrattamento di seconda linea di pazienti alla prima recidiva o con ricadutaprecoce entro 12 mesi dalla diagnosi. In particolare, la sopravvivenza liberada eventi ha raggiunto il 53% nei pazienti trattati con liso-cel rispetto al21% con lo standard di cura e la risposta completa è stata, rispettivamente,del 74% e del 43%. Va inoltre sottolineato che, nello studio, la risposta negliover 65 è sovrapponibile a quella dei più giovani, a cui si aggiunge una buonatollerabilità”. “Gli immunomodulanti di nuova generazione stanno dimostrando unruolo significativo anche nel linfoma non-Hodgkin – continua il Prof. Zinzani-. Un esempio è rappresentato da iberdomide che, in monoterapia o incombinazione con un anticorpo monoclonale anti-CD20, ha mostrato la suaefficacia in pazienti recidivati o refrattari. I risultati preliminari di unostudio di fase1/2, che ha arruolato pazienti con diversi tipi di linfomanon-Hodgkin recidivati o refrattari sottoposti ad almeno due linee precedentidi terapia, mostrano risposte complete del 32%. In particolare, nel linfomadiffuso a grandi cellule B, la risposta completa è stata del 29% e nei linfomiindolenti ha raggiunto circa il 40%. Si aprono quindi importanti prospettivegrazie alla nuova generazione di immunomodulanti”.
Passi avantianche nel trattamento delle sindromi mielodisplastiche. Si stimano circa 3.000nuovi casi ogni anno in Italia, ma è un numero sottostimato perché manca unaregistrazione completa dei parametri epidemiologici e sono ancora tanti ipazienti che non ricevono un corretto e tempestivo inquadramento diagnostico.La manifestazione clinica più frequente è costituita dall’anemia, che spessorichiede di trasfusioni di sangue. “Le sindromi mielodisplastiche sono ungruppo eterogeneo di tumori del sangue, in cui le cellule del midollo osseo nonriescono a diventare cellule perfettamente funzionanti e sane, ma presentanoalterazioni della maturazione. Nelle forme più gravi, possono evolvere inleucemia mieloide acuta, un tipo di tumore ancora più aggressivo –afferma Valeria Santini, Professore di Ematologia all’Università diFirenze e Responsabile MDS Unit dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggidi Firenze -. Lo studio registrativo MEDALIST ha già dimostrato che iltrattamento con luspatercept libera dalla necessità di trasfusioni per almeno 8settimane quasi la metà dei pazienti trasfusione-dipendenti, con sindromimielodisplastiche, a rischio molto basso, basso e intermedio, che presentanosideroblasti ad anello, e che hanno fallito o non sono candidabili alla terapiacon agenti eritrostimolanti (ESA). Un risultato molto importante per personecostrette a recarsi nei centri trasfusionali frequentemente, anche ognisettimana”. “I vantaggi – continua la Prof.ssa Santini – si riflettono sullaqualità di vita e sulla possibilità di ridurre l’accumulo di ferro introdottocon le trasfusioni, grazie alla ripresa della eritropoiesi. Questi risultatisono stati confermati anche su 184 pazienti ‘real life’, non selezionati einclusi nel programma compassionevole avviato nel nostro Paese e presentato perla prima volta all’ASH. Nelle prime 48 settimane, il 38,6% dei pazienti haraggiunto l’indipendenza trasfusionale per almeno 8 settimane e, durantel’intero periodo di trattamento, buona parte dei pazienti che rispondevano altrattamento ha avuto molti periodi di trasfusione indipendenza ripetuti neltempo. Sono importanti anche i vantaggi in termini di sopravvivenza globale offertida luspatercept, come evidenziato dai risultati aggiornati dello studioMEDALIST da me presentati al Congresso ASH. I pazienti rispondenti aluspatercept hanno una probabilità aumentata di lunga sopravvivenza. Vaconsiderato che i pazienti trattati con luspatercept hanno una probabilità 5volte superiore di risposta, definita come trasfusione indipendenza per almeno8 settimane, rispetto al placebo. Inoltre, anche i pazienti che ottengono conluspatercept una risposta eritroide o un incremento di emoglobina superiore ad1 g/dl nelle prime 24 settimane di trattamento hanno una maggior probabilità disopravvivenza rispetto al braccio placebo”.
“Con quasi 30anni di esperienza in onco-ematologia, siamo leader in quest’area – conclude CosimoPaga, Executive Country Medical Director, Bristol Myers Squibb Italia -.Abbiamo ridefinito gli orizzonti del trattamento del mieloma multiplo, grazieagli immunomodulanti e alle terapie cellulari (CAR-T). Queste ultimerappresentano l’evoluzione dell’immunoncologia. Infatti, i linfociti delpaziente vengono prelevati e sottoposti a un processo di ingegnerizzazione, poireinfusi nel paziente stesso per istruirne il sistema immunitario a riconosceree a distruggere le cellule tumorali. Gli sforzi di tutta l’azienda, a livellomondiale, sono concentrati nell’accelerare i tempi di produzione, conl’obiettivo di trattare sempre più pazienti grazie a terapie geniche di secondagenerazione. Puntiamo alla terapia personalizzata e siamo impegnati nellosviluppare approcci innovativi sia per terapie che agiscano su targetspecifici, sia per terapie che agiscano attraverso il sistema immunitario. Inquest’ultimo ambito stiamo sviluppando molecole per aumentare il riconoscimentodelle cellule tumorali, aumentarne l’efficienza nel sopprimerle e infineprevenire l’immunosoppressione che avviene durante l’evoluzione della malattiatumorale. Oltre che nel mieloma multiplo, nei linfomi e nelle mielodisplasie,siamo impegnati nella ricerca per migliorare le terapie disponibili anche nellamielofibrosi, nella leucemia mieloide acuta e nelle talassemie, con importantirisultati confermati e presentati al recente congresso mondiale”.