Tumore al seno, i test genomici riscrivono il percorso di cura

Pubblicato il:
27.11.2025

27 novembre 2025 - Sempre più spesso la cura del tumore al seno ormono-responsivo, che riguarda oltre il 70% dei casi, si basa sulla medicina di precisione. Grazie ai test genomici, come Oncotype Dx, oggi è possibile capire chi ha davvero bisogno della chemioterapia e chi può essere trattata solo con l'ormonoterapia. Questo test, che analizza l'attività di 21 geni del tumore, ha già ridotto del 48% il ricorso alla chemioterapia. "Nelle pazienti che mostrano una forma aggressiva di tumore, il trattamento più idoneo, dopo l'intervento chirurgico è la chemioterapia - spiega Alessandra Fabi, docente Università Cattolica del Sacro Cuore e Responsabile Medicina di Precisione in Senologia, Fondazione Policlinico Gemelli - al contrario, in quelle con le forme a bassa aggressività si può procedere solo con l'ormonoterapia. Tra queste due categorie, ce n'è una terza che può avvantaggiarsi del test Oncotype; si tratta di donne con un tumore invasivo in stadio precoce (I, II o IIIa), ormono-sensibile ed Her2 negativo, senza coinvolgimento dei linfonodi o al massimo fino a tre linfonodi interessati (in caso di donne in menopausa). In queste donne, il test genomico aiuta il medico a valutare il rischio di recidiva e a guidare la scelta terapeutica tra semplice ormono-terapia o chemioterapia seguita dall'ormono-terapia". Il test genomico più utilizzato, l'Oncotype Dx, si effettua su un campione di tessuto tumorale prelevato durante l'intervento chirurgico e analizza l'espressione di 21 geni, valutando aggressività e grado di ormono-responsività del tumore. "L'applicazione di questo test - spiega Fabi - ha consentito di ridurre del 48% il ricorso alla chemioterapia in questo gruppo di pazienti, risparmiandola a circa 6.000 pazienti l'anno; si tratta di due pazienti su tre in postmenopausa con neoplasia operata e di 1 su tre tra quelle in pre-menopausa". In Italia, nel 2020 è stato creato un fondo speciale di 20 milioni di euro per offrire il test a circa 10.000 pazienti l'anno. Alcune Regioni (Lazio, Lombardia e Campania) hanno utilizzato il test, ma in altre l'uso è rimasto marginale. "Il nostro augurio - conclude Gianluca Franceschini, Ordinario di Chirurgia Generale all'Università Cattolica del Sacro Cuore, Direttore della UOC di Chirurgia Senologica e del Centro Integrato di Senologia di Fondazione Policlinico Gemelli - è che Oncotype Dx possa essere inserito presto nei Lea per garantirne l'uso in tutto il territorio nazionale".

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